In materia di apprendistato professionalizzante, la decadenza dal regime di sottocontribuzione può realizzarsi solo nel caso in cui l’inadempimento datoriale abbia avuto un’obiettiva gravità e si sia concretizzato nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, oppure in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi propri del contratto, a nulla rilevando le mancanze formali, come la mancata nomina del tutor o la redazione del piano formativo individuale o la tenuta libretto formativo, che non siano sfociate in alcun inadempimento sostanziale del contratto (Corte di Cassazione, ordinanza 18 febbraio 2021, n. 4416) Una Corte d’appello territoriale, confermando la pronuncia di primo grado, aveva dichiarato non dovuto dal titolare di un’impresa individuale, quanto preteso dall’Inps a titolo di maggior contribuzione derivante dalla violazione di taluni obblighi previsti a latere della stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante, concluso con una lavoratrice sotto la vigenza della disciplina di cui al D.Lgs. n. 276/2003.
Avverso tale pronuncia l’Inps propone così ricorso per Cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione della legge (art. 53, D.Lgs. n. 276/2003), per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto che il regime di sottocontribuzione possa comunque applicarsi anche ad un contratto di apprendistato in relazione al quale non risultava la nomina del tutor, né la redazione di un piano formativo individuale e né la tenuta del c.d. libretto formativo.
La disposizione in parola (peraltro, riproprosta nella vigente normativa sull’apprendistato) stabilisce infatti che in caso di inadempimento nella erogazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire, tra l’altro, il conseguimento di una qualifica professionale mediante la formazione sul lavoro e la acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%.
Ad avviso dell’Istituto, il tenore testuale della disposizione normativa, attribuerebbe rilevanza a qualsiasi condotta datoriale, anche innominata, che impedisca la realizzazione della finalità formativa e professionalizzante propria del contratto, restando invece escluse tutte quelle violazioni di carattere formale che non abbiano impedito il conseguimento di tale finalità.
Secondo la Suprema Corte il ricorso non merita accoglimento.
Nella specie, infatti, i giudici di merito hanno accertato che era stato il datore di lavoro a svolgere le funzioni di tutor e a provvedere alla formazione della lavoratrice senza soluzione di continuità, consentendole di acquisire le competenze e le professionalità dedotte nell’oggetto del contratto, malgrado le mancanze formali evidenziate, che non erano sfociate in alcun inadempimento sostanziale del contratto.
Orbene, attesa l’intangibilità in sede di legittimità di tale accertamento di fatto, la decadenza dal regime di sottocontribuzione può ritenersi realizzata solo nel caso in cui, sulla base della concreta vicenda dedotta in giudizio, l’inadempimento datoriale abbia avuto un’obiettiva gravità, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, oppure in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi propri del contratto (Corte di Cassazione, sentenza n. 8564/2018).