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Infortunio sul lavoro e comportamenti elusivi delle disposizioni antinfortunistiche

16 Marzo 2021 by Teleconsul Editore S.p.A.

In caso di comportamenti elusivi delle disposizioni antinfortunistiche, è escluso il rimprovero colposo datore di lavoro laddove non si abbia la certezza che egli fosse a conoscenza di tali comportamenti o che li avesse colposamente ignorati, sconfinandosi altrimenti in una inammissibile ipotesi di responsabilità oggettiva.

Nel caso, i giudici d’appello hanno parzialmente riformato la decisione del Tribunale di primo grado, con cui il legale rappresentante di una s.r.I. è stato ritenuto responsabile per aver cagionato la morte di un operaio edile, con colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia, omettendo di valutare i rischi derivanti dai danni da calore, inerenti alle attività svolte in ambiente aperto in periodo estivo, in condizioni climatiche avverse determinate da alte temperature, non impedendo al lavoratore di prestare attività, né di assumere bevande alcoliche (pur nella consapevolezza dell’abitudine da parte del medesimo di bere 1/4 di litro di vino al giorno). Tenute in considerazione le modalità di causazione del sinistro, esclusa la rilevanza della mancata considerazione nel DVR del rischio di caduta dall’alto, in quanto del tutto ininfluente, gli stessi giudici hanno individuato le violazioni ascrivibili al datore di lavoro nell’avere consentito l’attività lavorativa in condizioni climatiche avverse per le elevate temperature, nel non avere fornito adeguato copricapo al lavoratore, nel non avere comunque vigilato affinché indossasse l’elmetto fornitogli, nel non avere vigilato sull’assunzione di alcolici da parte del medesimo, nel non avere curato che il lavoratore si sottoponesse tempestivamente alla visita medica annuale, dalla quale avrebbe potuto emergere il suo stato di etilista cronico.
La previsione che condiziona l’attività del datore di lavoro alle condizioni meteorologiche collega il dovere di limitare l’attività in modo da non mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori in condizioni di tempo avverse proprio all’opera prestata in quota. E ciò, perché il lavoro svolto ad un’altezza superiore ai due metri da un piano stabile espone maggiormente il lavoratore a situazioni quali il vento, la pioggia la neve o la nebbia e comunque ad ogni circostanza meteorologicamente sfavorevole, condizionando l’equilibrio e la stessa attenzione del lavoratore e favorisce il verificarsi di condizioni di pericolo.
Nella fattispecie, si contesta al datore di non avere sospeso l’attività lavorativa in una giornata calda, consentendo che il lavoratore riprendesse il lavoro nel primo pomeriggio, nonostante una temperatura di 34° centigradi, ritenuta dai giudici del merito di per sé incompatibile con lo svolgimento di lavori edili, senza che ciò trovi alcun riscontro tecnico, né esperienziale e soprattutto senza che una simile affermazione trovi aggancio in una condizione di allerta meteorologica giustificante l’astensione dalle attività fisiche e lavorative all’aperto. “D’altro canto, è evidente che laddove si dovesse giungere ad un’affermazione come quella contenuta nella sentenza, si dovrebbe affermare che in tutta la zona meridionale del Paese durante la stagione estiva è interdetta, in quanto pericolosa per la salute, ogni prestazione lavorativa che implica uno sforzo fisico all’aperto (i lavori edili, ma anche quelli svolti nei campi, la mietitura o la raccolta della frutta) ogniqualvolta la temperatura salga, il che è pacificamente contraddetto dai risultati dell’esperienza”. Deve, dunque, sotto questo profilo l’assenza di qualsivoglia profilo di colpa specifica e generica connotante la condotta dell’imputato.
Relativamente alla mancata vigilanza sull’uso del copricapo da parte del lavoratore, è sufficiente osservare che, come sottolinea proprio il giudice di appello, l’elmetto era stato fornito al lavoratore, mentre il medesimo, dopo avere ingerito un consistente quantitativo di alcool ha deliberatamente scelto di non indossarlo. Al riguardo, è consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in caso di infortunio sul lavoro riconducibile a prassi comportamentali elusive delle disposizioni antinfortunistiche, non è ascrivibile alcun rimprovero colposo datore di lavoro – o a colui eventualmente preposto – sotto il profilo dell’esigibilità del comportamento dovuto, laddove non si abbia la certezza che egli fosse a conoscenza di tali prassi o che le avesse colposamente ignorate, sconfinandosi altrimenti in una inammissibile ipotesi di responsabilità oggettiva.

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