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Sicurezza lavoro: nesso di causalità tra la condotta del datore e l’evento lesivo

6 Maggio 2021 by Teleconsul Editore S.p.A.

In tema di sicurezza, la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, non tanto laddove sia imprevedibile, quanto, piuttosto sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia; oppure laddove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro.

Nella specie, una Corte d’appello territoriale ha confermato la sentenza di primo grado con la quale i giudici avevano condannato il datore di lavoro di un srl, per il reato di cui all’art. 590 cod. pen. ai danni dell’operaio dipendente, aggravato dalla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. In particolare, il medesimo datore aveva messo a disposizione dei lavoratori un impianto idrico i cui punti di emissione dell’acqua fredda e calda non erano stati adeguatamente contrassegnati; il lavoratore, addetto a quel servizio solo da tre mesi, non era stato informato però del pericolo rappresentato dalla diversa temperatura di uscita dell’acqua e, all’epoca dei fatti, le tre tubazioni e le relative serrande non presentavano alcuna diversificazione visiva.
L’infortunato aveva azionato inavvertitamente la serranda dell’acqua bollente, mentre la manichetta era collegata alla tubazione dell’acqua fredda e il getto lo aveva colpito all’arto superiore e al fianco destro.
In appello, il ricorso dell’imputato vienen rigettato. In particolare, la Corte bresciana ha precisato, con specifico riferimento al comportamento del lavoratore, che le violazioni contestate all’imputato erano direttamente collegate all’evento, atteso che la corretta informazione dell’infortunato, in uno con la diversificazione visiva delle tre diverse serrande, avrebbe richiamato lo stesso a una maggiore attenzione.
Oltre a ciò, era pure emerso che l’apposizione di una valvola di sicurezza (il cui funzionamento è stato sopra riassuntivamente richiamato) avrebbe scongiurato che, applicata la manichetta di gomma al rubinetto dell’acqua fredda, potesse fuoriuscire quella bollente dalla corrispondente serranda.
L’adempimento degli obblighi omessi avrebbe, dunque, scongiurato l’evento, laddove il comportamento del lavoratore non poteva considerarsi abnorme, in quanto egli aveva agito nell’ambito delle mansioni allo stesso affidate, la normativa antinfortunistica mirando a tutelare anche il lavoratore imprudente.
In materia di prevenzione antinfortunistica, la giurisprudenza è passata da un modello “iperprotettivo”, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i lavoratori facessero un corretto uso, imponendosi contro la loro volontà), ad un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori, in tal senso valorizzando il testo normativo di riferimento.
Tuttavia, pur dandosi atto che – da tempo – si è individuato il principio di auto responsabilità del lavoratore e che è stato abbandonato il criterio esterno delle mansioni, sostituito con il parametro della prevedibilità, intesa come dominabilità umana del fattore causale, passandosi, a seguito dell’introduzione del T.U. 81/2008, dal principio “dell’ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore” al concetto di “area di rischio” che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, resta in ogni caso fermo il principio secondo cui non può esservi alcun esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore.
All’interno dell’area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, laddove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia; oppure laddove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

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