In tema di IVA, ove il cedente non versi l’imposta relativa a cessioni di autovetture effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario è obbligato solidalmente al pagamento, senza che sia necessaria nei suoi confronti alcuna attività accertativa, ferma la possibilità, per lo stesso, di impugnare la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti. In tal caso l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare il disallineamento del prezzo di vendita rispetto ai canoni della normalità, pena la nullità dell’accertamento. (Corte di Cassazione – Ordinanza 12 maggio 2021, n. 12489). IL CASO La controversia trae origine dall’avviso di accertamento IVA emesso nei confronti del contribuente quale debitore in solido per l’imposta evasa dal cedente in relazione ad operazioni di compravendita di autoveicoli ritenute fraudolente. DECISIONE DELLA CASSAZIONE La questione riguarda il perimetro di applicazione del vincolo di solidarietà passiva del cessionario per l’obbligazione tributaria dell’IVA evasa dal cedente con riferimento ad operazioni ritenute fraudolente, in ordine alla distribuzione dell’onere probatorio. Nel caso di specie, i giudici tributari hanno in concreto ritenuto non assolto l’onere probatorio da parte dell’Agenzia delle Entrate la quale non ha dato prova del disallineamento (in quanto minore) del prezzo di vendita rispetto ai canoni della normalità. In particolare, nella sentenza impugnata i giudici hanno rilevato “la corresponsione di un prezzo di acquisto delle autovetture non consegnate che non può ritenersi sottocosto tenuto conto dei notori listini di mercato dell’epoca”. L’ufficio “avrebbe dovuto dimostrare per ciascuna delle operazioni commerciali di vendita, che gli acquisti di autovetture siano avvenuti a prezzi inferiori a quelli di mercato, non potendo il dato discendere obiettivamente dal metodo generale, che presiede ogni frode carosello. Nessuna verifica risulta esser stata espletata in tal senso alla stregua della documentazione degli acquisti posti a base dell’avviso di accertamento impugnato non avendo effettuato alcuna indagine specifica la stessa Guardia di Finanza. Il dato relativo alla cessione a prezzo inferiore al costo, quindi, è stato enunciato senza tuttavia calare questo dato generico con riferimento alla vicenda specifica. Le risultanze della verifica quindi, non hanno minimamente esposto i valori di mercato dei singoli autoveicoli ed effettuato la relativa comparazione tra prezzo di vendita di mercato dell’autovettura ed i prezzi risultanti dalle fatture emesse. Il mancato accertamento della antieconomicità non consente, dunque, di avallare la consapevolezza del cessionario e di invertire l’onere probatorio.
I giudici tributari hanno accolto il ricorso del contribuente, dichiarando l’illegittimità della pretesa tributaria, in considerazione del mancato assolvimento da parte dell’Agenzia delle Entrate dell’onere probatorio su di essa incombente, discendente dalla mancata dimostrazione del disallineamento del prezzo di vendita dei beni rispetto al prezzo normalmente praticato sul mercato di riferimento.
La decisione è stata impugnata dell’Ufficio.
La normativa in materia di solidarietà nel pagamento dell’IVA, consente all’Amministrazione di richiedere al cessionario, che ne risponde in via solidale con il cedente, l’imposta evasa dal primo dei due soggetti in operazioni nelle quali il prezzo di vendita dei beni sia inferiore al valore normale, inteso come prezzo normalmente praticato sul mercato di riferimento.
Dunque, in luogo del disconoscimento della detrazione a monte, in questi casi viene previsto l’obbligo autonomo di pagare quanto dovuto e non versato dal cedente. La disciplina pertanto non implica la rettifica della posizione del cessionario e trova applicazione l’obbligazione solidale per il semplice fatto giuridico dell’omesso versamento del dovuto da parte del cedente, senza alcuna necessità di ulteriore attività accertativa.
In proposito la Corte di Cassazione ha chiarito che la norma nel contemplare la responsabilità solidale del cessionario in caso di mancato versamento dell’IVA da parte del cedente per le cessioni di determinati beni, qualora siano effettuate a prezzi inferiori al valore normale, presuppone – a differenza della norma che concerne l’emissione di fatture per operazioni inesistenti – l’effettività dell’operazione, sia sul piano oggettivo che soggettivo, sicché è consentito al cessionario portare in detrazione l’imposta non versata dal cedente e per la quale è stato chiamato al pagamento come obbligato solidale.
Dalla radicale differenza naturalistica dei due fenomeni (da un lato l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, alla quale l’ordinamento replica con il diniego di detrazione dell’Iva esposta; dall’altro lato il mancato versamento dell’Iva da parte del cedente, al quale l’ordinamento replica con l’attribuzione al cessionario della responsabilità solidale per l’imposta non versata), deriva una diversa perimetrazione e una differente dosimetria dell’onere probatorio.
Ne deriva che nella seconda ipotesi (solidarietà passiva del cessionario) l’Ufficio ha l’onere di provare unicamente le due circostanze di fatto relative all’omesso versamento dell’Iva da parte del cedente e all’inferiorità al valore di mercato del prezzo praticato. A fronte di tali deduzioni e prove, ove entrambe siano dedotte e assolte, l’onere seguente si trasferisce sul contribuente che deve dare la prova che “il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell’imposta.
Ne consegue il principio per cui, in tema di IVA, ove il cedente non versi l’imposta relativa a cessioni di autovetture effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario è obbligato solidalmente al pagamento, senza che sia necessaria nei suoi confronti alcuna attività accertativa, ferma la possibilità, per lo stesso, di impugnare la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti.
In altri termini, osserva la Corte Suprema, i giudici tributari hanno correttamente ritenuto, con accertamento di fatto adeguatamente motivato, il difetto di prova della difformità del prezzo praticato rispetto a quello di mercato, con la conseguente esclusione della responsabilità solidale del cessionario al pagamento dell’Iva non versata dal cedente.