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Stock option: momento rilevante per la tassazione del capital gain

21 Giugno 2021 by Teleconsul Editore S.p.A.

In tema di reddito di lavoro dipendente, la Corte di Cassazione ha affermato che in caso di stock option, per stabilire il regime di tassazione applicabile alla plusvalenza (capital gain) data dalla differenza tra il prezzo di vendita delle azioni e il loro prezzo al momento dell’attribuzione dei diritti di opzione sui titoli, occorre fare riferimento al momento dell’esercizio del diritto di opzione da parte del dipendente, a prescindere dal momento in cui l’opzione sia stata offerta (Ordinanza 17 giugno 2021, n. 17326).

Il Caso

La controversia trae origine del rigetto dell’istanza di rimborso Irpef relativa alle ritenute operate dal datore di lavoro sulla plusvalenza (capital gain) realizzata dalla differenza tra il prezzo di vendita delle azioni e il loro prezzo al momento dell’attribuzione dei diritti di opzione sui titoli (stock option), che il contribuente riteneva applicate in misura maggiore rispetto al regime fiscale più favorevole.
Nella fattispecie il dipendente ha ricevuto i diritti di opzione per l’acquisto di azioni della società nel 2005 e nei primi mesi del 2006, ed ha esercitato il diritto di opzione con l’assegnazione delle azioni a novembre 2006.
I giudici tributari hanno ritenuto legittimo il rigetto all’istanza di rimborso, confermando la tassazione applicata, evidenziando che il momento rilevante per l’individuazione della disciplina tributaria applicabile coincide con quello di assegnazione delle azioni.
Il contribuente ha impugnato la decisione, sostenendo applicazione del regime fiscale più favorevole in vigore al momento di assegnazione delle stock option, in considerazione della previsione dello Statuto del Contribuente che, relativamente ai tributi periodici, sancisce l’applicabilità delle modifiche solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.

Decisione della Cassazione

La disciplina fiscale in materia di redditi di lavoro dipendente riguardante la tassazione delle stock option ha subito nel 2006 tre distinti interventi modificativi:
– con il primo (entrato in vigore a luglio 2006), ne è stata sancita l’abrogazione, con la conseguenza che è stato attratto a tassazione ordinaria, come reddito di lavoro dipendente, l’incremento di valore prima escluso;
– con il secondo intervento (entrato in vigore ad agosto 2006), la disciplina prima abrogata è stata reintrodotta, con l’aggiunta di due nuove condizioni applicative (per cui era anche richiesto che: 1) le azioni ricevute non fossero cedute o costituite in garanzia nei cinque anni successivi alla data di assegnazione e: 2) che il valore delle azioni assegnate non superasse l’importo della retribuzione lorda annua relativa al periodo di imposta precedente a quello di assegnazione);
– con il terzo intervento (entrato in vigore ad ottobre 2006), sono state mantenute le due condizioni di accesso alla disciplina agevolativa previste nell’originario regime e sono state introdotte ulteriori tre condizioni, ossia 1) il mantenimento, nei cinque anni successivi alla data di assegnazione, di un investimento delle azioni ricevute almeno pari alla differenza tra il valore normale delle azioni al momento dell’assegnazione e l’ammontare corrisposto dal beneficiario; 2) l’esercitabilità dell’opzione “non prima” che siano scaduti tre anni dalla sua attribuzione; 3) la quotazione delle azioni oggetto delle stock option quando l’opzione diviene esercitabile.
In proposito, la Corte Suprema ha affermato che secondo l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, in tema di determinazione del reddito di lavoro dipendente, la disciplina di tassazione applicabile ratione temporis alle stock options va individuata in quella vigente al momento dell’esercizio del diritto di opzione da parte del dipendente, a prescindere dal momento in cui l’opzione sia stata offerta. Ciò in quanto, l’operazione cui consegue la tassazione non va identificata nell’attribuzione gratuita del diritto di opzione, che non è soggetta a imposizione tributaria, ma nell’effettivo esercizio di tale diritto mediante l’acquisto delle azioni, che costituisce il presupposto dell’imposizione commisurata proprio al prezzo delle stesse e che è rimesso alla libera scelta del beneficiato.

Nel caso di specie, dunque, correttamente è stata ritenuta applicabile la disciplina formata in base all’ultima modifica (in vigore da ottobre 2006), in considerazione del fatto che il dipendente ha esercitato i diritti di opzione con l’acquisto di un certo numero di azioni e con la contestuale rivendita di parte delle azioni nel novembre 2006.

La Suprema Corte ha precisato, inoltre, che deve ritenersi impropria la contestata violazione del divieto di retroattività delle norme tributarie sancito dallo Statuto del Contribuente. Ciò in quanto la disposizione si riferisce ai tributi periodici, mentre la tassazione del reddito (Irpef) costituisce un’obbligazione tributaria di carattere istantaneo.

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