La Corte di Cassazione, con la sentenza 03 giugno 2021, n. 15422, ha affermato che in caso di società a ridotta base partecipativa estinta per effetto della cancellazione dal registro delle imprese prima della notifica dell’accertamento, deve ritenersi legittima la notifica dell’avviso di accertamento agli ex soci di un maggior reddito da partecipazione, per presunta distribuzione di utili extracontabili. In tale ipotesi, il socio, nel procedimento che lo riguarda, può confutare sia l’avvenuta distribuzione degli utili in nero, sia la ricorrenza della loro formazione in capo alla società. La controversia trae origine dall’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate, con il quale, sulla base del principio di presunzione di distribuzione di utili occulti dei soci di società di capitali a ristretta base azionaria, i maggiori ricavi accertati in capo alla società, estinta per effetto della cancellazione dal registro delle imprese, venivano imputati personalmente alla socia. La Corte di Cassazione ha osservato, preliminarmente, che secondo l’orientamento giurisprudenziale si ritiene legittima la pretesa azionata dall’ufficio fiscale nei confronti dell’ex socio della società cancellata, considerato che, con specifico riferimento al tema della mancata distribuzione degli utili ai soci in sede di liquidazione, l’assenza nel bilancio di liquidazione della società estinta di ripartizioni agli ex soci non esclude “l’interesse dell’Agenzia a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti”.
I giudici tributari hanno annullato l’atto sul presupposto che la cancellazione della società era intervenuta prima della notificazione degli avvisi di accertamento. Secondo i giudici, in ipotesi di cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese, l’Amministrazione finanziaria può agire in via sussidiaria nei confronti dei soci sino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, ma è tenuta a dimostrare i presupposti della loro responsabilità e, cioè che, in concreto, vi sia stata distribuzione dell’attivo e che una quota di quest’ultimo sia stata riscossa (cd. “responsabilità sussidiaria”).
Nel caso di specie, l’avviso di accertamento emesso nei confronti della socia per i redditi di partecipazione, non dichiarati e presumibilmente percepiti, prima della cancellazione della società a ristretta base, risponde al suddetto interesse dell’Amministrazione finanziaria, con la conseguenza che il regime di responsabilità sussidiaria dei soci non ha alcun rilievo.
La Suprema Corte precisa che in tema di accertamento per le imposte dirette sui redditi conseguiti dalla società di capitali a ristretta base sociale opera la presunzione di distribuzione di eventuali utili extracontabili accertati a carico della società secondo cui i redditi realizzati in nero si presumono distribuiti tra i soci, fatta salva, per questi ultimi, la dimostrazione che siffatta distribuzione, non vi sia stata, nonché che i maggiori ricavi accertati nei confronti della società non abbiano formato oggetto di distribuzione in loro favore ma siano stati accantonati dalla società ovvero dalla medesima reinvestiti.
Ne consegue la legittimità dell’azione dell’Ufficio di un’autonoma pretesa tributaria correlata ad un maggior reddito di partecipazione conseguito dalla socia, non avendo dato esiti l’accertamento emesso nei confronti della società, per effetto della sua cancellazione dal registro delle imprese.
L’accertamento nei confronti del socio, quindi, è indipendente da quello svolto nei confronti della società, costituendo quest’ultimo unicamente il presupposto di fatto, ma non condizione dell’accertamento nei confronti del socio stesso.
Il socio, nel procedimento che lo riguarda, può, infatti, confutare non solo l’avvenuta distribuzione degli utili in nero, ma anche la stessa ricorrenza della loro formazione in capo alla società.